Sulodexide nel trattamento conservativo delle emorroidi di II grado sintomatiche
Articolo originale: NICOLA LIZZA - VITA MARIA NATUZZI (*)
U.O. Chirurgia - (*) UO Medicina Interna
Casa di Cura "Sanatorio Triestino" Trieste - Italia
Riassunto: Questo lavoro si propone come obiettivo quello di valutare l'efficacia, attraverso il miglioramento dei sintomi, di un trattamento
a base di sulodexide nelle emorroidi di II grado sintomatiche. Cinquantanove pazienti sono stati trattati con sulodexide per os per 25 giorni.
I parametri valutati prima e dopo il trattamento sono stati: prurito, dolore, sanguinamento, edema, trombosi emorroidaria e Qualità di Vita
(QDV). Tutti i parametri considerati presentano un miglioramento statisticamente significativo dopo trattamento con sulodexide.
Parole chiave: Emorroidi; Sulodexide; Glicosaminoglicano (GAG).
Parole chiave: Emorroidi; Sulodexide; Glicosaminoglicano (GAG).
Summary: In this paper we analized the efficacy of sulodexide in the treatment of symptomatic II grade haemorrhoids. Fifty-nine patients
were treated for 25 days with sulodexide. Pruritus, pain, bleeding, edema, thrombosis and Quality of life (QoL) were evaluated before and after
treatment. All scores analized showed a significant improvement after treatment with sulodexide
Key words: Haemorrhoids; Sulodexide; Glicosaminoglicane (GAG).
Del milione di nuovi casi di emorroidi che si presentano
ogni anno in Italia, "soltanto" 35000 vengono trattati sul
tavolo operatorio.1 Il trattamento medico di tale patologia
riveste quindi un ruolo di primaria importanza.
riveste quindi un ruolo di primaria importanza.
Oltre alle raccomandazioni igieniche, alimentari e comportamentali,
la terapia farmacologica non può essere trascurata.
Da qualche anno il sulodexide, glucosaminoglicano
naturale utilizzato in molte sindromi cliniche di natura
vascolare, trova impiego nel trattamento conservativo delle
emorroidi sintomatiche. Questa indagine osservazionale si
propone lo scopo di confermare, con l'avallo di dati statistici,
quanto rilevato nella quotidiana esperienza clinica,
cioè l'efficacia del sulodexide nel trattamento delle emorroidi
sintomatiche di grado II in termini di miglioramento
del quadro clinico e della qualità di vita.
Sono stati valutati 59 pazienti ambulatoriali con emorroidi
di grado II sintomatiche, di cui 34 uomini e 25 donne,
di età compresa tra 30 e 87 anni (media 54.2 ± 15.0).
Criteri di esclusione sono stati pazienti in trattamento con
farmaci antiaggreganti o anticoagulanti e le pazienti in gravidanza.
Nel corso della prima visita sono stati valutati i segni e i
sintomi clinici e la qualità della vita (QdV) del paziente in
relazione al problema emorroidario. I parametri clinici presi in considerazione sono stati: prurito,
dolore, bruciore, sanguinamento, edema e trombosi
emorroidaria.
Prurito, dolore, bruciore ed edema sono stati quantificati
basandosi su una scala da 0 a 3, considerando il sintomo
assente (0), lieve (1), moderato (2) o severo (3).
La scala per il sanguinamento ha previsto lo stesso tipo di
punteggio: assente (0), raro (1), frequente (2) o presente ad
ogni defecazione (3).
La presenza di trombosi emorroidaria è stata quantificata
su una scala da 0 a 2, con trombosi assente (0), in via di
risoluzione (1) o presente (2). È stato inoltre, richiesto al
paziente di quantificare, su una scala da 0 (malessere) a 10
(benessere), la qualità della vita (QdV), sottolineando l'importanza
di basarsi esclusivamente sul problema clinico in
questione.
I pazienti sono stati trattati con sulodexide, in due somministrazioni
giornaliere di 250 unità (ULS) per os per 25
giorni ed è stato loro consigliata una dieta ricca in fibre e una
cura attenta dell'igiene locale mediante semicupi medicati.
I pazienti sono stati rivisti a distanza di 4 settimane dalla
prima visita, dallo stesso medico e sono stati rivalutati i punteggi
dei parametri clinici e della QdV.
I dati raccolti sono stati riportati in tabelle di frequenza
o tabelle di tendenza centrale e dispersione, utilizzando
gli indicatori più appropriati alla distribuzione effettiva
delle singole variabili (media, deviazione standard, mediana,
valore massimo e minimo osservato). Nell'analisi statistica,
si è applicato il test del Segno per la valutazione dei parametri
e per la significatività statistica delle variazioni nel
periodo pre e post terapia. Quando necessarie, ai valori di
significatività sono state apportate correzioni per confronti
multipli. Sono stati considerati significativi i valori di p <
0.05. L'analisi statistica è stata effettuata utilizzando il software
SPSS Statistical Package, ver. 13.0.
Per ogni parametro considerato (prurito, dolore, bruciore,
sanguinamento, edema, trombosi emorroidaria e QdV) è
stata calcolata la media con la deviazione standard e la
mediana del punteggio assegnato alla prima visita e, successivamente,
alla visita di controllo dopo 4 settimane.
Le tabelle 1, 2 e 3 prendono in considerazione rispettivamente
i parametri soggettivi, quelli oggettivi (singolarmente
e sommati tra di loro) e la QdV prima e dopo il trattamento.
I cuscinetti vascolari emorroidari sono una normale componente
del canale anale e giocano un ruolo importante nel
mantenere la continenza fecale.2 Sono composti da minuscoli
vasi (prevalentemente anastomosi artero-venose senza
l'interposizione di una rete capillare) e tessuto connettivo
ricco di fibre elastiche e collagene.3
Si distingue un plesso emorroidario sottomucoso (emorroidi
interne) e un plesso emorroidario sottocutaneo (emorroidi
esterne) a seconda della localizzazione al di sopra o al
di sotto della linea dentata del canale anale.
L'alterazione dell'anatomia di tali strutture (soprattutto
della componente vascolare) in relazione alla comparsa di
sintomi e segni identifica la malattia emorroidaria.3
La malattia emorroidaria rappresenta la patologia anorettale
benigna più frequentemente diagnosticata. Interessa il
25% della popolazione adulta di età compresa fra i 45 e i
65 anni con una prevalenza per il sesso maschile.1-4 Non vi
è un elemento eziologico vero e proprio, ma è riconosciuta
una genesi multifattoriale. Sono ritenuti fattori favorenti tutte
le condizioni che determinano un incremento delle pressioni
endo-pelviche quali stipsi, sforzo defecatorio, obesità, presenza
di masse addominali, gravidanza.
Ci sono poi fattori
ambientali quali dieta povera di fibre, stile di vita sedentario,
alcuni sport "da sella" (ciclismo, motociclismo, equitazione) 5 che rientrano nei fattori di rischio. Le principali teorie patogenetiche
individuano una componente meccanica (trauma da
passaggio del cilindro fecale su vasi congesti in seguito a lassità
dei tessuti di sostegno emorroidari) e una componente
vascolare (aumentata pressione endo-addominale con conseguente
congestione vascolare durante la defecazione).6
In tale condizione possono ripetersi episodi di edema dei
cuscinetti emorroidari (con o senza prolasso degli stessi),
con dolore, prurito, sanguinamento e in alcuni casi trombosi
dei vasi venosi.
Ogni anno si presentano negli ambulatori di Medicina
Generale almeno 1.000.000 di nuovi casi di pazienti con
qualche sintomo di malattia emorroidaria,1 di cui, soltanto
una percentuale stimata tra il 15% e il 18%, ha una precisa
indicazione chirurgica.1, 4, 7 Se poi si pensa che di questi, soltanto
il 20% giunge effettivamente all'intervento,1 si può
facilmente intuire quanto la terapia conservativa giochi un
ruolo determinante nel trattamento di tale patologia.
È importante classificare clinicamente le emorroidi al fine
di poter indirizzare il paziente verso il trattamento più indicato.
Nonostante sia stata redatta una nuova classificazione
(PATE) che tiene conto dei sintomi, del numero di noduli,
degli eventi acuti associati, del tono dello sfintere e della
qualità della vita, è ancora molto in uso la tradizionale classificazione
della malattia emorroidaria nei 4 gradi progressivi:
Grado I: semplici ectasie visibili solo all'esame anoscopico
che possono sanguinare ma non prolassano dall'orifizio
anale.
Grado II: gavoccioli che prolassano oltre il canale
anale durante il ponzamento che ma con riduzione spontanea
alla fine della defecazione.
Grado III: noduli emorroidali
che, fuoriusciti dopo uno sforzo, non rientrano spontaneamente
e la loro riduzione può avvenire solo manualmente.
Grado IV: emorroidi permanentemente esteriorizzate e non
riducibili.
Le emorroidi di I e II grado sono quelle che nella maggioranza
dei casi vengono trattate in maniera conservativa:9 il trattamento prevede un'attenta igiene locale, variazioni
delle abitudini di vita ed alimentari 10 e l'utilizzo di farmaci
vasoattivi, tra questi è nota l'azione dei bioflavonoidi.11, 12
Il sulodexide è un glucosaminoglicano naturale composto
per il 20% da eparansolfato e per l'80% da una eparina
a rapida azione con peso molecolare medio (6000-8000
Daltons),13 impiegato in varie patologie su base vascolare.
Numerosi studi scientifici attestano l'efficacia del sulodexide
nel trattamento di varie patologie vascolari, quali
l'insufficienza venosa cronica,14 le ulcere flebostatiche,13 le
flebopatie superficiali,15 l'arteriopatia ostruttiva degli arti
inferiori 16 e la nefropatia diabetica.17
Alla base del meccanismo d'azione di questo farmaco c'è
un'azione anti-infiammatoria, grazie all'inibizione dell'attivazione
del complemento, in particolare della proteina C
reattiva (PCR) 18 e un aumento della fibrinolisi, in seguito
alla diminuzione della concentrazione dell'inibitore dell'attivatore
del plasminogeno e all'aumento del suo attivatore.18 Il sulodexide, inoltre, induce una riduzione dell'attivazione
piastrinica indotta dalla trombina 19, 20 e presenta un effetto
riparatore dell'endotelio per ripristino dei glicosamminoglicani,
principali componenti del glicocalice endoteliale.21
La malattia emorroidaria è considerata una patologia
venosa in cui la sintomatologia è l'espressione clinica di
una stasi ematica, alterazione endoteliale e infiammazione
vasale. La somministrazione del sulodexide nel trattamento
delle emorroidi sintomatiche, soprattutto di quelle responsabili
di rettorragia, presenta un valido razionale d'impiego
legato anche al minimo effetto che il sulodexide ha sulla
cascata della coagulazione, quindi la consapevolezza di non
usare un anticoagulante in un paziente con sanguinamento e
che inoltre, il sanguinamento ano-rettale è in generale conseguente
ad uno sforzo defecatorio e non, invece, ad un'alterazione
emocoagulativa.
Dopo il trattamento con sulodexide, le variazioni del
dolore, del sanguinamento (Fig. 1) e dell'edema (Fig. 2) risultano statisticamente significative (p < 0,001), a conferma
dell'azione farmacologia del sulodexide nelle emorroidi
di II grado sintomatiche.
La riduzione dell'edema,
dopo 30 giorni, è da attribuire all'effetto anti-infiammatorio
ed alla riparazione endoteliale, con conseguente riduzione
di volume del gavocciolo emorroidario. La riduzione
del dolore è l'effetto clinico diretto, che in fase acuta è
dato dalla presenza di vasi ectasici infiammati ed esaltato
dal passaggio delle feci di solito dure. Tale affermazione
trova riscontro statistico nei dati riguardanti il dolore: alla
prima visita medica, tutti i pazienti hanno riferito tale sintomo
(40% lieve, 60% moderato o intenso).
Alla seconda visita, quasi 2 pazienti su 3 (64,4%) non avevano più dolore, mentre il restante 35,6% presentava sintomatologia
dolorosa lieve. Nessun paziente lamentava dolore classificato
come moderato o severo. Il miglioramento del sanguinamento
conferma gli effetti minimi della molecola sulla
coagulazione, permettendoci di ribadire che è soprattutto
la riduzione dell'edema e dell'ectasia venosa a impedire
la rottura dei vasi emorroidari al passaggio del cilindro
fecale.
A tale proposito, dei pazienti (67,8%) che presentavano
rettorragia di vario grado, dopo il trattamento con il
farmaco, soltanto il 18,6% continuava a presentare emorragia,
che scendeva a 5,1% se si escludevano coloro che,
seppur soggettivamente migliorati, continuavano ad avere
solo occasionalmente perdita di sangue.
I pazienti (12)
con trombosi emorroidaria (Fig. 3) sono stati considerati
a parte: 9 di questi presentavano restitutio ad integrum,
mentre i restanti 3 mostravano ancora segni clinici anche
se in via di risoluzione. Anche il dolore, sintomo predominante
nei pazienti con trombosi emorroidaria era migliorato:
11 pazienti con dolore moderato o severo alla prima
visita riferivano benessere o dolore lieve dopo il trattamento.
In conclusione i risultati ottenuti in termini di trattamento
di sintomi, segni clinici e QdV, ci permettono di stabilire
l'efficacia del sulodexide nel trattamento conservativo delle
emorroidi di II grado sintomatiche e di confermarne l'indicazione
nelle patologie venose da stasi, come ampiamente
riportato in letteratura.
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