Clinica ed Etica 1
acroread Pdf [151 Kb]

Il consenso informato in chirurgia pelvi-perineale

ENRICO BELLUCO - GIUSEPPE DODI

Clinica Chirurgica II, Università di Padova

Riassunto: Il consenso informato in chirurgia rappresenta oggi materia di attualità per le sue implicazioni medico-legali e i suoi risvolti in ambito giuridico. L'incontrollato aumento delle richieste di risarcimento per malpractice rischia di portare ad una significativa diminuzione degli interventi più impegnativi. Per evitare ciò anche le società scientifiche si impegnano a cercar di recuperare il rapporto di fiducia dei pazienti nei confronti della classe medica. Questo lavoro si focalizza sulla relazione medico-paziente, analizzando il ruolo del consenso informato nella pratica clinica quotidiana e cercando di creare un consenso comune tra le società coinvolte nella chirurgia del pavimento pelvico. A tale scopo proponiamo un modello per la stesura dei consensi informati nei vari ambiti di competenza. A ciò seguirà la pubblicazione nei prossimi numeri di Pelviperineologia di una serie di opuscoli informativi riguardanti le principali patologie del pavimento pelvico ed i relativi interventi.
Parole chiave: Consenso informato; Malpractice; Pelviperineologia; Chirurgia pelvi-perineale.

Summary: The informed consent in surgery is a current issue for its legal consequences. The uncontrolled increase of legal suits for malpractice may bring to a significant reduction of the most demanding and hazardous surgical activities. To avoid this risk the scientific societies are trying to find a way to make patients more confident in surgeons. In this paper we focus on the doctor-patient relationship, analyzing the role of the inform consent in the daily clinical practice, in an attempt to create a common agreement among scientific societies involved in pelvic floor surgery. With this goal we propose a model for a series of informed consents in the different surgical specialities. This will be followed by the publication in the next issues of Pelviperineologia also of informative brochures concerning the main pelvic floor diseases and the related surgical procedures.
Key words: Informed consent; Malpractice; Pelviperineology; Pelvic-perineal surgery.

INTRODUZIONE

Da anni ormai assistiamo ad una battaglia mediatica contro la classe medica che, in gran parte spogliata della sacralità dei tempi andati, per l'opinione pubblica fa parte della più ampia categoria delle professioni sanitarie al cui interno la figura del medico è a tutti gli effetti assimilata al semplice prestatore d'opera.

Dagli anni '90 ad oggi sono numerose le associazioni sorte per difendere i medici ingiustamente accusati. Tra queste l'A.M.A.M.I. (Associazione per i Medici Accusati di Malpractice ingiustamente, www.associazioneamami.it) 1 che opera sul territorio nazionale senza scopo di lucro, coadiuvata da uno staff di specialisti delle varie discipline mediche. A questo si aggiunge l'impegno delle società scientifiche (AIUG, SICCR, SIUD, SIUCP, SIMFER, etc.) che da anni ormai si impegnano nella divulgazione scientifica e nel promuovere un dialogo sempre più aperto e limpido tra medico e paziente.

Ne è un esempio l'impegno della Società Italiana di Chirurgia Colo-Rettale che nel "Manuale Pratico di Proctologia d'Urgenza" 2 dedica un capitolo al tema del consenso informato analizzando compiutamente le comuni patologie proctologiche in un'ottica più vicina al paziente piuttosto che al chirurgo, in particolare dedicando ampio spazio alla trattazione delle possibili complicanze relative ad ogni intervento.

A ciò si aggiunge anche l'esperienza di altri autori. Nel pregevole volume "Consenso Informato in Urologia", di Artibani, Marigo et al.3, gli autori, avvalendosi anche della collaborazione dei colleghi della medicina legale e di magistrati, propongono un utile vademecum alle principali procedure sia diagnostiche che terapeutiche in Urologia affrontando argomenti quanto mai attuali e analizzando la pratica del consenso informato sia sotto i risvolti della responsabilità civile che penale.

A tale proposito abbiamo dunque pensato di affrontare la spinosa questione del consenso informato in chirurgia con particolare riguardo agli aspetti peculiari che riguardano il pavimento pelvico e la perineologia, con l'intendimento di ritagliare un piccolo angolo, lontano dai clamori della cronaca, per discutere, proporre ed elaborare, in collaborazione con le stesse società scientifiche, linee guida e principi che verranno affrontati nei prossimi numeri pubblicando una serie di opuscoli informativi indirizzati tanto al chirurgo quanto al paziente.

LA SITUAZIONE ATTUALE

Fino a 20.000 euro l'anno per un chirurgo, 15.400 per un chirurgo plastico, 10.400 per un ginecologo e "solo" 7.000 per un ortopedico.4 Sono cifre da capogiro che fanno riflettere, ma che al tempo stesso la dicono lunga sul giro d'affari dei premi assicurativi per l'indennità professionale che le principali categorie di chirurghi sono tenute a sborsare per tutelarsi dal sempre crescente numero di denunce di cui sono divenute oggetto.

Basta analizzare i crudi dati: da 4000 denunce annue nella metà degli anni '90 alle 18.000 di oggi. E con il moltiplicarsi delle cause sono aumentate di pari passo le richieste dei premi assicurativi, anche di dieci volte. A dirlo è Jacques Megevand, presidente dell'associazione Medicina e Legalità. Il termometro più attendibile ed immediato di questa escalation è la profusione di consensi informati chilometrici per le procedure più disparate, a volte anche le più semplici, nel tentativo di includere anche l'evento avverso più imponderabile.

Esiste tuttavia una conseguenza ancora più grave: la paura di rischiare e di sbagliare porta ad una "medicina difensiva" 5 che limita il progresso scientifico, non solo nei centri piccoli e medi, ma anche negli istituti così detti di eccellenza dove ricerca e clinica per la soluzione dei casi più complessi dovrebbero andare di pari passo in un connubio indissolubile. E anche in questo caso chi ne paga le maggiori conseguenze alla fine è il paziente. Nell'ambito di questa discussione quindi il consenso informato assume una particolare rilevanza.

Introdotto in Italia negli anni '90 e già in uso da molti anni nei paesi anglosassoni, oggi la sua valenza medico-legale appare in parte ridimensionata, tanto che sempre più spesso tale pratica viene sostituita dall'espressione scelta consapevole. Questo cambiamento non è solo di natura semantica.

In una società in cui l'educazione e la divulgazione medico-scientifica sono sempre più capillari e la richiesta dei pazienti di essere soggetti attivi nelle scelte terapeutiche che li riguardano sempre più pressanti, il termine scelta consapevole sposta il centro dell'azione dal medico al paziente che diviene così non più semplice spettatore bensì attore protagonista della sua vicenda sanitaria.

IL METODO

La procedura del consenso informato si articola in tre momenti fondamentali: nel primo al paziente vengono fornite "tutte" le informazioni riguardanti l'intervento chirurgico cui egli si sottoporrà, il secondo presuppone la comprensione delle informazioni fornite e nel terzo il paziente esprime il suo consenso.

Non esiste attualmente in letteratura unanimità sull'entità delle informazioni che il medico dovrebbe dare al paziente. 6, 7 Per molti aspetti sembrerebbe che un informazione il più possibile completa e dettagliata rappresenti l'ideale affinché il paziente sia del tutto consapevole della scelta che è chiamato ad esprimere. Se questo atteggiamento può sollevare perplessità nella chirurgia oncologica, mantiene invece piena validità nella chirurgia funzionale, come nei casi di pazienti che si sottopongono a procedure di correzione dei prolassi del pavimento pelvico. Poiché in tal caso è il grado di handicap e l'alterazione della qualità di vita il principio che guida questo tipo di chirurgia, è bene che vengano date informazioni il più possibili dettagliate proprio perché non si tratta di una chirurgia salva-vita.

Un ulteriore elemento di complessità è costituito dal livello culturale del paziente stesso che il chirurgo deve considerare nel somministrare le informazioni. Con l'aumento dell'età media e in una società sempre più multietnica ci si trova ogni giorno nella necessità di dare informazioni complesse a pazienti che inevitabilmente non posseggono gli strumenti intellettuali per recepirle, (sia per un livello di scolarizzazione insufficiente sia per le difficoltà intrinsecamente correlata ad un linguaggio tecnico come quello medico) o, viceversa, si sentono depositari di una cultura medica quasi sempre superficiale alimentata dai media e dalle tante trasmissioni a carattere divulgativo che imperversano nell'etere. Non da ultimo spesso ci si trova impreparati nel tentativo di far comprendere le scelte terapeutiche alle persone immigrate per problemi di lingua e, più in generale, di culture tra paesi diversi.

LA PROPOSTA

  1. L'informazione. Nella maggior parte dei casi questo momento avviene durante la visita ambulatoriale. È importante che, se il paziente lo richiede, al colloquio possa prendere parte anche un familiare. Va comunque sottolineato che la decisione finale spetta imprescindibilmente al paziente stesso. Viene spiegato con una terminologia comprensibile la sua patologia, la storia naturale e le principali opzioni terapeutiche alternative alla chirurgia, in particolare ponendo l'accento sul rapporto rischio/ beneficio che l'intervento proposto comporta. Al paziente va inoltre spiegata l'eventuale necessità di eseguire indagini preoperatorie e terapie aggiuntive successive all'intervento, la sua durata approssimativa, la degenza media e il tempo necessario per la ripresa delle normali attività quotidiane. Una nota a parte va posta per il capitolo rischi e complicanze. Spesso e a torto il consenso informato è stato visto come un alibi contro eventuali complicanze o rischi.

    Il paziente va invece debitamente informato sulla possibilità di rischi e complicanze a breve, medio e lungo termine, non solo di tipo chirurgico ma anche anestesiologico, a volte anche non prevedibili, delle possibili terapie alternative e della loro efficacia oltre alle eventuali conseguenze del mancato intervento chirurgico, sottolineando il carattere funzionale della chirurgia pelvi-perineale. Infine, nelle strutture universitarie, il paziente deve essere informato sulla partecipazione all'equipe operatoria di personale in formazione (tirocinanti, medici specializzandi, etc.) e sulla possibilità che alcune procedure a minor rischio possano essere eseguite da queste figure professionali opportunamente coadiuvate da chirurghi di maggiore esperienza.

  2. L’acquisizione delle informazioni. Normalmente è il momento successivo all'informazione del paziente. Appare tuttavia inadeguata la pratica che chiede l'espressione del consenso immediatamente dopo il momento dell'informazione. Se ciò infatti può essere accettato per la chirurgia più semplice e per gli interventi codificati o che richiedono scelte tempestive (emorragie, drenaggio di ascessi anali, chirurgia delle fistole sacrococcigee, emorroidectomia con tecniche tradizionali, dermoablazione di condilomi, etc.), non è altrettanto valida per interventi maggiormente demolitivi, sperimentali o ad alto rischio intra o postoperatorio. In questo caso sembra più opportuno lasciare al paziente il tempo assimilare le molte informazioni avute nel corso del colloquio con il chirurgo, riservandogli anche la possibilità per eventuali ulteriori chiarimenti, domande o, perché no, per sentire un diverso parere. Molti autori concordano sull'importanza di fornire al candidato un opuscolo informativo a completamento del corso del colloquio.

  3. La scelta consapevole. Rappresenta la fine del percorso in cui il paziente esprime la propria scelta con la consapevolezza dei risultati ottenibili dall'intervento che gli viene proposto e dei rischi e possibili complicazioni cui può andare incontro.

    In quest'ottica il consenso informato non dovrebbe configurarsi come una mera procedura per ottenere l'autorizzazione all'intervento chirurgico proposto. Nel passaggio da un modello paternalistico ad un modello empatico, il paziente chiede di poter essere parte attiva nelle scelte terapeutiche che lo riguardano. Il clinico deve anche poter mantenere la facoltà di rifiutare richieste incongrue del paziente. Egli è altresì chiamato a svolgere la funzione di consulente ancor prima che di chirurgo e nell'esprimere buoni consigli crea le basi per buon rapporto medicopaziente.
A tale scopo proponiamo uno schema di consenso informato8 (Fig. 1) image che, lungi da pretese di un'irraggiungibile perfezione, cerca di fornire una guida per la stesura, ognuno nel proprio ambito di competenza, di un adeguato consenso informato. Questo deve inoltre rappresentare lo spunto per la creazione di opuscoli informativi per le principali patologie del pavimento pelvico e relative procedure chirurgiche .

BIBLIOGRAFIA

  1. Spiritigliozzi P. Recensioni: "Consenso informato in urologia di Artibani W, Marigo M et al. Utet editore 2002". Pelvi-Perineologia 2004; 2: 60-61.
  2. Asteria CR, La Torre F. Il consenso informato in proctologia. Da "Manuale pratico di proctologica d'urgenza". Scientifica Internazionale Ed. 2005; 329-339.
  3. Artibani W, Marigo M et al. Consenso Informato in Urologia. Utet editrice, Torino 2002.
  4. Ravizza P. Sanità in tribunale. Denunce in crescita. Corriere della Sera, 30 Dicembre 2007, pagg. 8-9.
  5. Pappagallo M. Se in dottori giocano in difesa. Corriere della Sera 30 Dicembre 2007, pag. 8.
  6. Segarajasingam DS, Pawlik J, Forbes GM. Informed consent in direct access colonoscopy. J Gastroenterol Hepatol 2007; 22: 2081-85.
  7. Abed H, Rogers R, Helitzer D, Warner TD. Informed consent in gynecologic surgery. Am J Obstetr Gynecol 2007; 197: 674 e 1 - 674 e 5.
  8. Farnsworth B. Centre for Pelvic Reconstructive Surgery, Sydney Adventist Hospital. Comunicazione personale

Correspondenza:
E-mail: enrico.belluco @ unipd.it